Molti alimenti, come spinaci, lenticchie e altri vegetali, pur contenendo ferro, non rappresentano una fonte ottimale per il corpo umano. Questo è dovuto al fatto che il ferro presente è in forma non-eme, meno biodisponibile rispetto al ferro eme dei prodotti animali (1).
Il ferro non-eme è spesso legato a composti come ossalati e fitati, che ne riducono l’assorbimento. Gli ossalati, presenti ad esempio negli spinaci, formano complessi insolubili con il ferro, limitandone la disponibilità (2).
I fitati, derivati dall’acido fitico e abbondanti in legumi, cereali integrali e semi, agiscono come chelanti, bloccando il ferro non-eme e ostacolandone l’assorbimento intestinale (3).
Questi composti formano legami stabili con il ferro a pH fisiologico, impedendo il suo passaggio attraverso la mucosa intestinale (4). Tuttavia, alcune tecniche alimentari, come l’ammollo, la germinazione e la fermentazione, possono ridurre il contenuto di fitati, anche se non eliminarli completamente (5).
L’assunzione di alimenti ricchi di vitamina C, invece, è una strategia efficace per migliorare l’assorbimento del ferro non-eme, poiché la vitamina C riduce il ferro ferrico (Fe3+) a ferro ferroso (Fe2+), più assimilabile (6).

Questi aspetti sottolineano l’importanza di una dieta equilibrata, che includa fonti di ferro eme e tecniche per ottimizzare l’assorbimento del ferro non-eme, per garantire un apporto adeguato di questo nutriente essenziale.
Bibliografia
- Hallberg, L., & Hulthén, L. (2000). “Prediction of dietary iron absorption: an algorithm for calculating absorption and bioavailability of dietary iron.” The American Journal of Clinical Nutrition, 71(5), 1147-1160.
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